Lo spettro di una Brexit senza accordo aleggia sull’export italiano. In caso di no-deal nel 2021 i prodotti Made in Italy subirebbero una contrazione del 12,1% a causa delle barriere tariffarie introdotte, anziché crescere del 5,3% come atteso in caso del raggiungimento di un accordo commerciale tra le parti. È l’analisi di Sace sugli effetti della Brexit e sulla possibilità del verificarsi di una no-deal exit.
Tra i prodotti esportati i più colpiti sarebbero i beni di investimento (che includono meccanica strumentale, mezzi di trasporto, apparecchi elettrici ed elettronici). Questi registrerebbero una contrazione simile a quella attesa per il 2020, pari a -27,6%.
Prima della diffusione della pandemia (all'inizio del 2020) - spiega Sace - le esportazioni italiane verso il Regno Unito mostravano una dinamica debole. In contrasto con l'andamento dell'export italiano verso il mondo, in crescita nei primi due mesi del 2020, le vendite di beni verso Londra hanno infatti registrato una contrazione già a partire da febbraio (-8,2% rispetto allo stesso mese del 2019. Si è poi aggiunto, a partire dal mese di marzo, lo shock economico da Covid-19. Il fondo è stato toccato nel mese di aprile, quando le vendite italiane oltreconfine hanno registrato il -41,5%.
Nel già debole contesto sopra delineato, l’assenza di un accordo commerciale impatterebbe gravemente sulle esportazioni italiane verso il Regno Unito. In particolare, nel 2021 le vendite di prodotti italiani anziché crescere del 5,3% subirebbero una contrazione del 12,1% a causa delle barriere tariffarie introdotte, della minore domanda interna e del deprezzamento della sterlina.
La ripartenza delle vendite di Made in Italy nel mercato britannico sarebbe quindi rimandata al 2022, con una previsione di “perdita” per il valore del nostro export di beni di 3,7 miliardi di euro solo nel 2021. Alla fine dell’orizzonte di previsione, ossia nel 2023, il nostro export verso il paese sarebbe del 16,5% inferiore rispetto allo scenario di base.
Discorso a parte per i prodotti agroalimentari. Se da un punto di vista economico, l’effetto negativo è ridotto (-0,4%) anche grazie alla natura di beni essenziali che li contraddistingue, il problema resta l’incognita sulle barriere tariffarie o di diverso tipo che potrebbero essere introdotte.