Fino a poco tempo fa i 27 paesi dell’Ue erano pronti a imporre sanzioni alla Turchia anche a causa della sua aggressività nel mar Egeo. Ora invece Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, e Charles Michel, presidente del consiglio europeo, tentano la via della distensione.
Cosa li ha indotti a cambiare idea? Da qualche mese il presidente turco si mostra più conciliante con l’Europa. Recep Tayyip Erdoğan ha ritirato le sue navi per l’esplorazione dei giacimenti dalle acque contese, fatto ripartire il dialogo con la Grecia e rilasciato alcune dichiarazioni tese a distendere il clima.
Nel 2020 invece la Turchia aveva continuato a moltiplicare le provocazioni all’indirizzo di paesi dell’Unione, inviando migliaia di profughi verso la frontiera greca, portando avanti una strategia della tensione nel Mediterraneo e nel Caucaso.
A modificare la situazione è stata l’elezione di Joe Biden negli Stati Uniti. Il nuovo presidente non vede di buon occhio né il rapporto tra Ankara e Mosca, né la situazione dei diritti umani in Turchia. Di conseguenza, il leader turco ha bisogno di abbassare i toni con l’Ue, dove però i paesi membri sono divisi: la Francia spinge da mesi per una posizione inflessibile, mentre la Germania preferisce temporeggiare.
Ma su una cosa gli europei sono d’accordo, come dimostra l’annuncio del via libera al rinnovo del contestato accordo del 2016 sull’immigrazione, con cui l’Unione ha versato 6 miliardi di euro alla Turchia ottenendo in cambio l’impegno a trattenere più di 4 milioni di profughi all’interno dei propri confini. L’Europa, dunque, ha tirato fuori il libretto degli assegni al posto delle sanzioni.
Nel frattempo, Erdogan è tornato alla carica rilanciando e chiedendo l’ingresso della Turchia nell’Unione europea. È il grande paradosso della vicenda che vede la centro della scena il leader turco il quale non sembra comunque intenzionato a rinunciare al suo crescente autoritarismo.