A Kaliningrad, exclave russa incastonata in territorio Ue e Nato, la tensione è tornata a salire. Il piccolo territorio teme di diventare la nuova linea del fronte nell’escalation che oppone Mosca ai paesi baltici. La crisi ha avuto una svolta il 18 giugno, quando cioè il governo della Lituania, in linea con le indicazioni fornite dalla Commissione europea, ha vietato il transito sul proprio territorio di prodotti soggetti a sanzioni e scambiati tra Kaliningrad e il resto della Federazione Russa.
Il blocco riguarda prodotti di vario genere: materie prime, cemento, carbone, componenti e prodotti tecnologici, ma anche vodka e caviale. Secondo il governatore Anton Alikhanov, circa metà delle merci in transito da e per Kaliningrad sarebbe sospesa, con l’unica eccezione di quelle trasportati via mare, soggette però a maggiori costi e difficoltà logistiche. Nel piccolo territorio, abitato da poco meno di mezzo milione di persone, la popolazione allarmata si è riversata nei supermercati per fare scorte.
Per Mosca le misure adottate dalla Lituania sarebbero ostili e provocatorie oltre che in violazione degli obblighi legali internazionali della Lituania. Un’accusa a cui ha replicato il primo ministro lituano, Ingrida Šimonyte, secondo cui “è ironico sentir parlare di violazione di trattati internazionali da un paese che ha violato ogni singolo trattato internazionale”. Poi la premier lituana ha aggiunto: “Non c’è alcun blocco di Kaliningrad. Il transito delle persone e dei beni non sanzionati procede senza interruzioni”.
Le tensioni tra Vilnius e Mosca su Kaliningrad sono tanto più preoccupanti considerata la prossimità con un altro snodo cruciale: il Suwalki gap, un corridoio lungo 100 km, al confine tra Polonia, Lituania e Bielorussia che è il punto più vulnerabile di tutto il territorio Nato. Se la Russia lo attaccasse e ne prendesse il controllo, infatti, lascerebbe la Lituania e le altre due repubbliche baltiche, Estonia e Lettonia, isolate e prive di collegamenti terrestri con il resto del blocco atlantico.
Un’escalation preoccupante in quanto, a differenza dell’Ucraina, coinvolgerebbe direttamente un paese Nato, che come tale beneficia della clausola della difesa collettiva: la norma, contenuta nell’articolo 5 del Patto atlantico, sancisce che un’aggressione contro uno Stato membro sia considerata un’aggressione contro tutti gli alleati, che si impegnano perciò a difendersi reciprocamente.