L’indipendenza energetica europea da Mosca è una bufala colossale. Questa è la conclusione a cui è giunto il Wall Street Journal. Gli stoccaggi pieni al 93,6% che hanno garantito quel recente drastico calo dei prezzi, infatti, sono stati resi possibili da un incremento su base annua del 41% delle importazioni europee di gas naturale liquido (Lng) russo nei dodici mesi conclusisi il 31 agosto scorso.
Al contempo, è salito alle stelle anche l’import di Lng statunitense al punto che ora il 65% delle esportazioni di gas naturale liquefatto della prima economia al mondo giungono, a caro prezzo, in Europa, che è di fatto diventata la gallina dalle uova d’oro sia per Washington che per Mosca.
In pratica, l’Europa sta comprando gas liquefatto dalla Russia, perché questo non è soggetto alle sanzioni che toccano quello via pipeline, ovvero allo stato gassoso. Al largo delle coste iberiche, del Mediterraneo e del Nord-Ovest dell’Ue, oggi ci sono 60 tankers carichi di gas liquefatto russo: si tratta di oltre il 10% del totale di quei charters attualmente in circolazione nel mondo.
La domanda è: se la Russia decidesse che le importazioni di Cina e India garantiscono al suo budget introiti valutati sufficienti da Mosca per sostituire gli acquisti europei, cosa accadrebbe? E come sarebbe giudicata dai mercati la reale dipendenza energetica del Vecchio Continente?
Ovviamente, i paesi con un raggio di manovra più limitato (a causa di un elevato debito pubblico) sarebbero più a rischio. La Germania ha spazio fiscale per intervenire con altri aiuti, mentre la Francia punto alla riattivazione di almeno due terzi delle 26 centrali nucleari ferme per guasto o manutenzione. E l’Italia?