Da gennaio a settembre del 2017 il saldo tra beni esportati e importati negli Stati Uniti ha registrato un disavanzo di 789 miliardi, pari a circa il 4% del Pil. Su questo Donald Trump ha ragione. Ma il problema è che il commercio internazionale non comprende più soltanto i beni.
Guarda il caso, nello stesso periodo, gli Stati Uniti hanno registrato un surplus nel settore dei servizi pari a 242 miliardi di dollari, il che abbassa il deficit complessivo a 547 mld, ovvero il 2,8% del Pil. Nel caso specifico delle relazioni bilaterali con il Canada il deficit si trasforma persino in surplus.
Considerando altre voci di minore entità che rientrano nel calcolo del cosiddetto saldo delle partite correnti, il disavanzo diminuisce ulteriormente e arriva a 450 miliardi, pari al 2,3% del Pil.
Trump ha sostenuto che le guerre commerciali sono facilmente vinte dai paesi in deficit, perché hanno poco da perdere. In realtà le cose non sono così scontate. Proprio come il commercio si è spostato dai beni ai servizi, allo stesso modo a un dazio sull’acciaio si potrebbe rispondere tassando, ad esempio, Google e Amazon.