L’agroalimentare è il primo settore economico del Paese. È pari alla somma del Pil complessivo di Danimarca e Norvegia. L’identikit della filiera agroalimentare estesa è tracciato in uno studio realizzato da The European House-Ambrosetti.
“Dal 2000 a oggi – spiega l’ad Valerio De Molli - il fatturato complessivo della filiera è cresciuto del 39,9%, il valore aggiunto è aumentato del 33,4%, l’occupazione dell’11,2% e soprattutto l’export ha avuto un vero e proprio boom: +144,2%”.
Ma è anche vero che solo una piccola parte dei ricavi finisce nelle tasche degli operatori della filiera. Per ogni 100 euro di spesa delle famiglie, poco più di 5 euro va ai soggetti della filiera agroalimentare estesa. Tutto il resto è suddiviso tra: fornitori di logistica, trasporto, packaging, energia e utenze (32,8 euro), personale della filiera (31,6), casse dello Stato (19,9), fornitori di macchinari e immobili (8,3), banche (1,2) e importazioni nette (1,1 euro).
Quei 5,1 euro sono poi distribuiti tra i componenti della filiera agroalimentare. E i nodi vengono al pettine: l’industria della trasformazione riceve la quota più alta (43,1%), mentre il 19,6% remunera grossisti e intermediari. I valori più bassi sono riconosciuti ad agricoltori, allevatori e pescatori (17,7%, che equivale a 0,90 centesimi), alla distribuzione come supermercati e negozi specializzati (11,8%) e alla ristorazione (7,8%).