La gestione della rete da parte di Autostrade per l’Italia è stata fino ad ora un disastro. È un fatto questo sotto gli occhi di tutti, ancora di più dopo il crollo del Ponte Morandi, e certificato anche dall’Autorità anticorruzione (Anac).
Ma proprio l’Anac ha messo in evidenza che i problemi del Morandi erano noti a tutti dopo “l’accertamento, già negli anni ‘90, di un evidente stato di ammaloramento della struttura. Infatti, a fronte di un forte stato di degrado, gli interventi di tipo strutturale sono stati effettuati solo fino al 1994, quindi, da parte del precedente concessionario, Iri”.
Non si vuole qui difendere la famiglia Benetton che ha fatto della gestione una gallina dalle uova d’oro. Ma è sbagliato concentrare tutte le attenzioni sulla famiglia di Treviso.
Anche perché i Benetton hanno in mano attraverso Atlantia (che controlla l’88% di Autostrade per l’Italia) ‘appena’ la metà dell’intera rete autostradale in Italia. E non è che l’altro 50% scoppi di buona salute. Tutt’altro.
Ecco perché la tragedia del Morandi non deve farci credere che il problema si risolva soltanto estromettendo, o ridimensionando, il ruolo giocato da Autostrade. La questione riguarda infatti tutto il regime concessorio.