Due tra i principali limiti del tessuto produttivo italiano vanno ricercati nella specializzazione in ambiti a bassa innovazione e il nanismo industriale. Sui motivi legati a quest’ultimo aspetto ha indagato uno studio della Sda-Bocconi. E i risultati confermano un’attività di impresa che fatica a rinnovarsi. E, dunque, a stare sul mercato.
I dati sono eloquenti. Più della metà delle aziende familiari italiane (il 54%) ha un leader ultrasessantenne, per il 28% il capo ha più di 70 anni e in un centinaio di casi più di 80.
Ma non è finita qui. Non più del 30% (delle imprese familiari) sopravvive al fondatore. E appena il 13% arriva alla terza generazione. In compenso, il 49% degli imprenditori non si ritira mai. Un dato, quest’ultimo, che potrebbe apparire come un punto di forza se non fosse che è uno dei motivi dell’immobilismo industriale in Italia.