Con le sue 170 pagine il Recovery Plan italiano è stato capace di farsi battere per dimensioni solo da quello francese che ha consegnato a Bruxelles 290 pagine. Ma ovviamente non è solo un fatto di quantità. Nel piano dell’Italia manca ancora la valutazione dei risultati attesi e si fa sentire la pressione delle lobby. Basti pensare che sono previsti solo 3,5 miliardi per le città contro i 10 per le ristrutturazioni edilizie. Il rischio è disperdere le risorse.
“La cosa che mi preoccupa è che stiamo andando troppo lentamente – spiega Carlo Cottarelli, economista e direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica -. Mentre la politica litiga siamo arrivati a metà gennaio. Mi sarei aspettato che dopo sei sette mesi fossimo più avanti, avessimo già presentato il progetto. E l’assetto della governance viene rinviato a un provvedimento successivo, chissà quando a questo punto”.
“Se andiamo piano già nella fase di progettazione - aggiunge Cottarelli - cosa succederà in quella dell’esecuzione, quando i progetti bisognerà portarli a termine? Non è solo un problema di come funziona la burocrazia. Purtroppo non esiste un sistema di valutazione dei risultati. Non esiste una cultura della performance”.
“Ritengo inappropriato creare una struttura parallela alla pubblica amministrazione come quella ipotizzata nelle settimane scorse, con i sei supermanager e i 300 tecnici sotto, una specie di piramide – conclude l’ex commissario alla spending review -. Il pericolo di un assetto del genere è creare interferenze con i ministeri, che invece devono essere coinvolti in pieno perché hanno le risorse ed anche i dati per usarle.”