La ripresa economica c’è ma il timore è che non sia duratura. L’Italia è viva e forte, deve essere unita e credere nel suo futuro. È il messaggio lanciato dal premier, Mario Draghi, dopo una visita agli impianti industriali di un complesso produttivo del distretto ceramico modenese.
“Il compito del governo è uno solo - ha aggiunto Draghi -. Creare un ambiente dove c’è un clima in cui ci si sente parte della società a investire e guardare al futuro”.
Parole condivisibili, ma il premier sa che il suo governo probabilmente non durerà molto a lungo. Ciò significa che, senza entrare qui nel merito di un’analisi qualitativa del Draghi-pensiero, l’unica cosa (seppur molto importante) che il presidente del Consiglio potrà fare è immettere sui binari giusti il Recovery Plan.
Al contrario, il modo per cominciare a risolvere alcuni dei nodi strutturali che strozzano l’economia italiana, dal basso tasso di occupazione alla scarsa produttività, dal modesto livello di istruzione al nanismo industriale, dal fatto di operare in ambiti perlopiù low-tech al mancato ‘ascensore sociale’ (solo citarne alcuni), servirebbe una politica-economica di medio-lungo periodo.
E non una classe politica schizofrenica che inchioda il paese su politiche, laddove presenti, di corto, cortissimo, respiro. Ma in un paese che ha avuto 30 differenti presidenti del Consiglio dal 1946 ad oggi, tutto diventa più complicato.