L’ultraconservatore Ebrahim Raisi è il nuovo presidente dell’Iran, un risultato scontato dopo una competizione elettorale che è stata caratterizzata da una rigida selezione dei candidati da parte del consiglio dei Guardiani (organo conservatore controllato dalla Guida suprema Ali Khamenei), che ha escluso tutti i riformisti e moderati di peso, e da un’astensione storica.
Con il 90% dei seggi scrutinanti, le preferenze per Raisi superano il 62% dei voti, circa 17 milioni di persone hanno votato per lui, su quasi 60 milioni di aventi diritto.
Focus sulla situazione economica in Iran
Da quando nel 2018 l’allora presidente statunitense Donald Trump è uscito dall’Accordo sul nucleare di tre anni prima, reimponendo rilevanti sanzioni all’Iran, la moneta nazionale, il rial, è crollata rispetto al dollaro e l’inflazione interna ha cominciato a galoppare (segnando picchi superiori al 40%).
A luglio 2015, appena firmata l’intesa sul nucleare, un dollaro veniva comprato per 32.000 rial. Nel mese di maggio il cambio è salito in modo impressionante: 1 a 300 mila. Al momento si attesta a 230-240 mila. E con uno stipendio medio equivalente a 200 dollari, anche la carne a 7 dollari al chilo è diventato un bene di lusso.
A fare precipitare ulteriormente la situazione è stato il Covid, che ha colpito l’Iran (che conta circa 83 milioni di abitanti) più di ogni altro Paese mediorientale, macinando oltre 80.000 morti.
La nuova presidenza Biden ha riaperto il mercato Usa alle esportazioni iraniane. Ma la pandemia impedisce ai commercianti occidentali di andare a Teheran per rifornirsi. E sono scomparsi i turisti europei e americani.