Cina-Italia, qualcosa è andato storto

L’Italia è l’unico Paese del G7 ad aver aderito alla Belt and Road Initiative cinese. Ma i risultati sono stati modesti. E ora il governo Meloni potrebbe prendere un’altra strada

Cina-Italia, qualcosa è andato storto
Xi Jinping

Sono passati quattro anni da quando l’Italia ha aderito al massiccio progetto infrastrutturale di Pechino, la Belt and Road Initiative (BRI), il primo Paese del G7 a fare questa scelta, in una fase in cui la rivalità Cina-Usa iniziava a intensificarsi e nell’Ue stava cominciando a emergere diffidenza sui legami economici del blocco con Pechino. A Palazzo Chigi c’era Giuseppe Conte. Ma ora il governo Meloni potrebbe prendere un’altra strada, quella più ‘atlantista’ per intenderci.

I dati sembrano tuttavia raccontare un’altra storia. Gli investimenti diretti esteri (IDE) cinesi in Italia sono scesi da 650 milioni di dollari nel 2019 a 20 mln nel 2020 e 33 mln l’anno successivo, secondo i dati del Rhodium Group. Briciole se si confronta con 1,9 miliardi di IDE cinesi in Germania e 1,8 mld in Francia nel 2020. Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, e Paesi Bassi sono stati tra i paesi europei che hanno ricevuto la maggior parte degli investimenti cinesi tra il 2019 e il 2021, nonostante non abbiano aderito alla BRI.

Andando oltre le differenze nazionali, nel complesso, gli investimenti cinesi sono comunque diminuiti in Europa negli ultimi anni, scendendo a 7,9 miliardi di euro nel 2020, il minimo dal 2013. Ciò è in parte dovuto alle misure ‘protezionistiche’ messe in atto nel Vecchio Continente, alla luce delle crescenti preoccupazioni per gli investimenti di Pechino in asset strategici.

A questo punto, cosa deciderà di fare l’attuale esecutivo in Italia? Bloccare il rinnovo automatico dell’accordo sulla BRI per un altro quinquennio oppure confermarlo?

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