Una dotazione iniziale di 5,5 miliardi di euro (in arrivo 3 mld dal Fondo italiano per il clima e 2,5 dalla Cooperazione) e cinque pilastri fondativi: istruzione, salute, agricoltura, acqua e energia, con “progetti pilota” che vanno dai centri universitari di eccellenza in Marocco alla produzione di biocarburanti in Kenya. L’ambizione, sullo sfondo, è di trasformare l’Italia in un “hub” per l’approvvigionamento energetico fra Africa ed Ue.
È l’ossatura del cosiddetto Piano Mattei per l’Africa, il piano del governo Meloni sui “nuovi rapporti” con il Continente africano svelato al vertice ItaliAfrica in corso a Roma: uno dei primi eventi della presidenza italiana del G7 e uno snodo chiave nella politica estera del governo di Giorgia Meloni, popolato dalle delegazioni di 46 Paesi, con 15 capi di Stato e 8 capi di governo dal Continente.
C’è da dire che ormai la Cina ha surclassato la Francia come maggiore esportatore nel Continente africano. Oltre ai cinesi sono molto attivi i russi e in seconda fila scalpitano gli indiani. Anche la Turchia neo-ottomana del sultano della Nato Erdogan, visitato di recente dallo stesso premier Giorgia Meloni, gioca un ruolo in crescita in Africa.