Mentre gli elettori statunitensi eleggevano Donald Trump presidente degli Stati Uniti per la seconda volta, Starlink - il sistema di connessione satellitare di Elon Musk - ha dovuto sospendere le nuove adesioni dalle metropoli africane a causa dell’elevato numero di richieste.
Nonostante il successo commerciale della compagnia di Musk sia innegabile agli occhi dei consumatori, governi e imprese locali continuano a dare battaglia all’utilizzo di Starlink in Africa.
Il gigante keniota della comunicazione, Safaricom, ha chiesto al governo di Nairobi un giro di vite sull’attribuzione delle licenze ai provider di internet, obbligando imprese come Starlink ad entrare in partenariato una volta superato il conseguimento di una determinata quota di mercato.
Il governo della Nigeria (primo paese a ospitare Starlink) ha sanzionato le politiche di prezzo del colosso di Musk che aveva alzato il costo degli abbonamenti senza l’approvazione di Abuja. In altri casi, come quello del Camerun, Starlink è stato perfino messo fuorilegge.
In generale, la connessione satellitare si è dimostrata fin qui più efficiente in termini di servizio ma non a livello geopolitico.
Gli Stati rivieraschi del continente, ad esempio, prediligono ancora il ricorso ai cavi sottomarini: un satellite come quelli di Starlink può essere spostato, un’infrastruttura sottomarina no; il che garantisce una leva negoziale.
Al netto di tali limiti, con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, Starlink potrebbe diventare una carta importante da giocare nella strategia africana degli Stati Uniti, considerando anche i rapporti tra Musk e il presidente eletto, e come Starlink si sposi perfettamente con la visione di The Donald per i rapporti con l’Africa.
Starlink è una compagnia privata, le sue attività non presentano costi per il governo e a Washington ritengono che possa tornare utile per disturbare l’egemonia cinese nella corsa al continente del futuro. Un ottimo motivo – dal punto di vista statunitense – per restare connessi.