Esiste ancora l’economia dello sviluppo? Utilizzando le definizioni standard della Banca Mondiale di basso reddito, medio reddito e alto reddito, tra il 2003 e il 2019, il numero di paesi a basso reddito è sceso da 66 a 31. Il numero di persone che vivono in paesi a basso reddito è sceso dal 60% nel 1993 a meno del 10% nel 2019.
In effetti, come ha sottolineato Andy Sumner (2012), la stragrande maggioranza dei poveri del mondo non vive più in paesi a basso reddito. Dunque, i criteri di “graduazione” degli aiuti forniti a livello globale si traducono nel fatto che la maggior parte dei poveri del mondo sarà esclusa da queste risorse poiché non vive nei paesi a basso reddito destinatari degli aiuti; e i tentativi di continuare a incanalare questi ultimi verso paesi che ora non sono più a basso reddito porteranno a tensioni politiche nei paesi donatori (Kanbur e Sumner 2012).
Naturalmente, tutto questo non significa negare la povertà reale in quei paesi che sono ancora nella categoria dei bassi redditi o la povertà nei paesi a medio reddito. È solo per sottolineare che le classificazioni e le mentalità di una volta non sono più valide.
Alcuni decenni fa, gli economisti dello sviluppo consideravano il loro approccio come distintivo rispetto all’economia mainstream in generale e meglio radicato nella effettività delle economie reali. Ma due tendenze degli ultimi decenni, il significativo miglioramento del reddito medio di quelli che venivano chiamati paesi in via di sviluppo e l’omogeneizzazione della metodologia economica in generale, evidenziano che la distinzione tra economia dello sviluppo ed economia in generale è sempre più insostenibile e anzi inutile.