Nel corso del 2018 i produttori di armi hanno visto crescere le loro vendite del 4,8% raggiungendo quota 420 miliardi di dollari. Si tratta in realtà di un valore parziale, quello rilevato dall'istituto svedese Sipri, perché privo dei dati cinesi.
A spiegare la crescita sono stati soprattutto gli incrementi statunitensi, legati ai piani di Donald Trump: “Le aziende statunitensi - ha spiegato Aude Fleurant, a capo del dipartimento del Sipri sulle spese militari - si stanno preparando per il programma di ammodernamento dell'esercito annunciato da Trump nel 2017. Le grandi compagnie Usa si stanno fondendo, proprio per attrezzarsi per produrre i sistemi militari di nuova generazione che le metteranno nella miglior posizione per vincere i contratti del governo” di Washington.
Ecco perché dalla prima volta dal 2002 tutti i primi cinque posti della top 100 delle industrie belliche sono in mano a giganti Usa. Lockheed Martin, Boeing, Northrop Grumman, Raytheon e General Dynamics messi insieme vendono 148 miliardi di dollari di armi, il 35% di tutta la classifica delle cento maggiori industrie.
In leggera diminuzione la quota mondiale della Russia, mentre i fabbricanti europei hanno registrato un marginale incremento a 102 miliardi. Si sono ridotte le vendite dal Regno Unito, primo paese europeo, e quelle della Germania, mentre sono cresciute in Francia.
Anche l'Italia trova posto in questa classifica, con Leonardo e Fincantieri. La vendita di armi Made in Italy è valutata in crescita (+5%) nell’ultimo anno con una quota di mercato delle società tricolori (sul totale della classifica di cento aziende) pari al 2,8%: un valore superiore a quello di Germania, Giappone o Israele. E Leonardo è nella top ten (8° posto) con 9,8 miliardi di armi vendute nel 2018.