Tre ricercatori (Jorgen Andersen, Niels Johannesen e Bob Rijkers) della World Bank hanno preso la banca dati dei progetti finanziati dall’Organizzazione con sede a Washington in 22 dei paesi più poveri e hanno incrociato i risultati con le statistiche della Banca dei regolamenti internazionali sui flussi di fondi da quei paesi verso altri Stati.
Hanno così scoperto che, nel trimestre in cui un paese riceve finanziamenti dalla World Bank per realizzare un progetto, i depositi di residenti di questi paesi nei paradisi fiscali in questione aumentano il 3% in più di quanto avvenga per Stati che non hanno ricevuto alcun aiuto. In pratica, nel redistribuire i finanziamenti ottenuti dalla World Bank, politici, dirigenti, funzionari del paese ricevente trattengono una ‘commissione’ illegale.
Andersen, Johanesen e Rijjkers calcolano che (in media) il 7,5% dell’aiuto erogato dalla Banca Mondiale non raggiunga affatto imprese e lavoratori impegnati nei progetti approvati, ma venga intascato dalle élite locali.
E più disperato il paese, più alto il finanziamento della World Bank e più grande è la fetta che i potenti locali si ritagliano. Nei paesi più dipendenti dagli aiuti esteri questo storno può arrivare al 15%.
Resta a questo punto da capire come si possa monitorare con più efficacia l’utilizzo effettivo degli aiuti ai paesi poveri, fermo restando che sono misure necessarie per riequilibrare le sorti del mondo.