Milioni di persone rischiano la vita nei prossimi dodici mesi, mentre miliardi di persone rischiano di finire nella trappola della povertà. L’emergenza sanitaria è ormai pressoché globale e amplifica le disuguaglianze estreme che attraversano il pianeta: il divario tra i più ricchi e i più poveri, tra paesi ricchi e paesi poveri, tra donne e uomini. Se in Italia sono le persone più vulnerabili a soffrire l’impatto maggiore della pandemia, cosa può succedere in paesi dove tutti o quasi sono vulnerabili?
In Italia, paese con uno dei sistemi sanitari nazionali pubblici ancora tra i più performanti e inclusivi al mondo, l’emergenza COVID-19 ha portato numerosi ospedali vicini al collasso e il personale sanitario al limite delle forze.
In Italia c’è un medico ogni 243 persone: in Zambia uno ogni 10 mila. In Mali 3 ventilatori polmonari ogni milione di abitanti. In Yemen metà delle strutture sanitarie sono state completamente distrutte in 5 anni di conflitto e quasi 20 milioni di persone non hanno accesso a cure di base. E quasi 3 miliardi di persone nei Paesi in via di sviluppo non hanno accesso all’acqua pulita.
Con sistemi sanitari cronicamente deboli e centinaia di milioni di persone che vivono in baraccopoli affollate o in campi profughi costrette a condizioni igieniche scarsissime, contenere la diffusione della malattia sarà una sfida senza precedenti che, in un mondo interconnesso come il nostro, non sarebbe meglio non perdere. Per il bene di tutti.