Parte da un’analisi delle disuguaglianze presenti negli Usa prima della pandemia la lezione tenuta da Angus Deaton, Premio Nobel ideatore del metodo utilizzato nella misurazione della povertà, noto come il ‘Paradosso di D’. “Prima del Covid19, negli Stati Uniti si nota come 1/3 dei cittadini abbia un diploma universitario e 2/3 invece ne sia sprovvisto. Un fattore, questo, che comporta come prima conseguenza la possibilità o meno di accedere ad un posto di lavoro e, dunque, di avere o meno un dato stile di vita.
“Si nota ancora quindi – prosegue – che dal 1990 al 2018, l’aspettativa di vita di chi è sprovvisto di istruzione, non ha subito variazioni in positivo. Per contro, in questi 2/3 di popolazione si assiste a una più diffusa abitudine al fumo e alle droghe”.
E quali effetti ha avuto il Covid19 su questo quadro? “Ha peggiorato il divario, ampliato le disuguaglianze, rendendo evidenti anche quelle che fino a tempo fa non notavamo – chiarisce Deaton -. I meno istruiti, penalizzati lavorativamente, si sono trovati in condizione di non poter lavorare da remoto. Un fattore, questo, che ha accresciuto il divario sanitario tra chi ha un reddito alto e chi ha un reddito basso”. Ma la divisione presente negli Usa si è acuita anche da un punto di vista politico, stando a quanto riporta il Premio Nobel: “Il 22% dei decessi da Covid19 si sono registrati negli Stati di New York e New Jersey, che però detengono solamente il 4% dei seggi in Senato. Questo comporta che gli Stati rurali – abitati da bianchi, molti dei quali non sono disposti a pagare le tasse per garantire le cure a afroamericani e ispanici – detengano potere di veto in merito all’aumento dei sistemi assistenziali”.
Tuttavia – secondo Deaton - a livello mondiale “si assisterà a una riduzione del divario tra Paesi ricchi e poveri, in quanto la pandemia ha colpito prima e in maniera molto più massiccia proprio i Paesi ricchi. Questo perché nei Paesi ricchi troviamo molti più centri commerciali e di scambio, ma anche perché i Paesi poveri hanno una popolazione dall’età media più bassa”.
E gli effetti commerciali? Per l’economista di origine britannica, “ci siamo definitivamente allontanati dall’iper-globalizzazione del passato, per quanto, però, in Paesi come l’America si sia reso chiaro quanto sia impossibile poter pensare all’autonomia commerciale. Banalmente, ad esempio, molti farmaci necessari in questo momento vengono dall’estero”.