La sfida per i Paesi occidentali si chiama Cina. E la risposta per poterla vincere è il passaggio al socialismo partecipativo. È quanto sostiene Thomas Piketty, economista, al Festival dell’Economia.
“Lo sviluppo dello Stato sociale e la progressività fiscale hanno rappresentato un grande successo del mondo occidentale. Per il futuro serve un socialismo partecipativo che difenda i diritti dei lavoratori e favorisca la redistribuzione della ricchezza” ha sottolineato Piketty.
Motori del cambiamento per l’economista francese sono da un lato il cambiamento climatico, dall’altro il regime cinese. “Il riscaldamento globale è realtà e qui occorre cambiare l’ideologia prevalente – spiega Piketty -. Il socialismo di Stato della Cina spinge anch’esso al cambiamento: è un sistema oppressivo e i Paesi capitalisti devono prenderlo seriamente. La risposta è un socialismo democratico soprattutto per l’area sud del mondo”.
L’economista fa poi un esempio concreto. “Per la tassazione delle multinazionali – avverte - non solo dobbiamo ottenere le tasse che vengono risparmiate quando quelle imprese vanno nei paradisi fiscali, ma dobbiamo condividerle col sud del mondo altrimenti il capitalismo cinese prenderà il sopravvento”.
Due gli elementi cardine del socialismo partecipativo. Da un lato la tassazione progressiva, con un approccio per cui aumentare le imposte – secondo Piketty - va fatto “in modo accettabile. In passato l’incremento dal 10% al 47% dell’imposizione è stato accettato. Oggi molti della classe media ritengono che i più ricchi sfuggano alla tassazione”.
E “se guardiamo ai redditi più alti – aggiunge - gli Usa sono andati molto in alto con la tassazione: nel 1918 l’aliquota era arrivata al 94%. Fino al 1980 l’aliquota media è stata dell’81% e l’intervento dello Stato è stato reso accettabile alla gente. Con Reagan l’aliquota è scesa al 21% e questo avrebbe dovuto potenziare la crescita economica. Invece il tasso di crescita del reddito nazionale è sceso. Per me la causa principale è stata la stagnazione degli investimenti in istruzione, ferma dagli anni ‘80. Ridurre le imposte ai ricchi non potenzia la crescita”.
Per il futuro, Piketty “ci vuole una tassa sui miliardari”. Un altro elemento cardine del socialismo partecipativo “è la condivisione del potere nelle piccole aziende” tra proprietà e lavoratori per raggiungere la quale serve agire sulla limitazione del tetto massimo dei diritti di voto in capo a un singolo azionista.
Infine, l’economista si è scagliato contro l’ipotesi lanciata dal G7 rispetto su una tassazione minima globale sulle grandi aziende. “C’è stato solo un annuncio, finora. Ma l’aliquota minima del 15% è un numero scandaloso, se tutti pagassimo il 15% non potremmo finanziare scuole o ospedali – attacca Piketty -. In Italia le aziende sarebbero liete di pagare un’aliquota simile. Per me è pura follia, uno può creare una sede in un paradiso fiscale e pagare qui il 15%. Si sta ufficializzando l’idea che i più potenti pagheranno imposte minori rispetto alle persone comuni”.