Crolla lo yuan, mentre il dollaro resta (per ora) protagonista

107 Paesi del mondo rischiano di attraversare almeno una di tre crisi: maggiori prezzi del cibo, maggiori prezzi energetici o condizioni finanziarie restrittive. Per 69 di questi, c’è alta probabilità che le tre crisi si presentino insieme

Crolla lo yuan, mentre il dollaro resta (per ora) protagonista

Nei giorni scorsi il renminbi cinese ha toccato il minimo da quasi due anni: una svalutazione maggiore e più rapida delle due crisi precedenti (2015 e 2018). Il crollo era in realtà atteso. I rigidi lockdown continuano a ostacolare la produzione nelle maggiori città cinesi, così come le attività nel porto di Shanghai, il principale snodo commerciale del mondo.

Una svalutazione del renminbi era nell’aria, tanto che Xi Jinping aveva provato a giocare d’anticipo, annunciando una serie di stimoli fiscali e monetari. E mentre Pechino fa i conti con i limiti di un modello economico, anche per molte altre economie emergenti le prospettive si fanno grigie.

La moneta cinese non è l’unica delle “grandi” a soffrire: anche la Banca centrale indiana ha aumentato i tassi di interesse per la prima volta dal 2018. E molti altri emergenti sono in difficoltà. Nelle settimane scorse, l’Unctad stimava che 107 Paesi del mondo rischiano di attraversare almeno una di tre crisi: maggiori prezzi del cibo, maggiori prezzi energetici o condizioni finanziarie restrittive. Per 69 di questi, c’è alta probabilità che le tre crisi si presentino insieme.

C’è da precisare che la forte crescita dei prezzi delle materie prime giova ad alcuni paesi esportatori. Ma nella maggior parte dei casi sostiene l’inflazione e amplia i deficit con l’estero, traducendosi in un mix tossico. Intanto l’inflazione preoccupa anche in Occidente. la crescita dei prezzi Usa ad aprile resta ai massimi da 40 anni (+8,3% in dodici mesi). Per questo i mercati si aspettano una delle strette monetarie più forti e rapide della storia statunitense.

Conseguenza? La fuga di capitali dagli emergenti, a cui dunque viene a mancare anche il sostegno degli investitori stranieri. Così lo Sri Lanka è solo la prima tessera del domino a cadere: pagamento dei debiti esteri sospeso e dimissioni del premier.

Intanto l’Fmi apre negoziati di salvataggio con Egitto e Tunisia, grandi importatori di grano ucraino e russo, e con il Pakistan. E l’Argentina riceve 45 miliardi per evitare l’ennesimo default. Ci stiamo avvicinando all’orlo di un altro precipizio?

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