È il quinto caso in un anno in cui grazie ai poteri speciali del ‘golden power’ si blocca, o comunque si limita, la vendita di un’azienda italiana a società cinesi. Il governo, infatti, ha da tempo optato per la linea dura nei confronti dello shopping di Pechino nelle tecnologie strategiche del nostro paese.
Una linea cominciata con Alpi Aviation, la società friulana che produceva droni militari. Proseguita in questo anno e confermata in questi giorni con lo stop al trasferimento di tecnologia fuori dal nostro Paese di Robox - società novarese - che si occupa di progettazione e produzione di apparecchiature elettroniche, linguaggi di programmazione, ambienti di sviluppo della robotica.
L’azienda era già partecipata al 40% da Efort Intelligent Equipment, gruppo cinese che è considerato legato a doppio filo con il governo di Pechino. Efort è salita ora al 49% nel pacchetto societario e contemporaneamente aveva previsto un investimento di circa un milione di euro per accedere ai codici sorgente e ad alcuni file di Robox. Significava mettere nelle mani dei cinesi un pezzo di tecnologia italiana. Ed è su questo che è intervenuto il governo italiano, utilizzando i poteri speciali del golden power come spesso ha fatto fino a oggi.
La frequenza è documentata dai numeri delle notifiche, obbligatorie quando ci sono cambi di proprietà potenzialmente a rischio. Nel 2021 le richieste sono state poco meno di 500 contro le 342 del 2020 e le appena 83 registrate nel 2019. Anche se la notifica non corrisponde evidentemente all’applicazione del golden power, nel caso dei passaggi di mano con la Cina gli stop sono stati già numerosi.