L'abbreviazione più fortunata è stata quella dei Bric. Forse perché fu la prima a essere coniata, nel 2001. O forse perché per un discreto tratto temporale risultò azzeccata nei contenuti. Metteva insieme le iniziali di quattro paesi, omogenei per dimensioni e per prospettive di crescita: Brasile, Russia, India e Cina. Gli ultimi due, i colossi del continente asiatico, in effetti hanno confermato le aspettative, tanto che ora guidano la ripresa a livello mondiale.
Molto meno fortunato, anche mediaticamente, l’acronimo N-11, formulato quattro anni dopo, nel 2005, da Goldman Sachs: Next Eleven voleva accomunare tutti i paesi che avevano il potenziale per diventare importanti nel corso del nuovo secolo. E il numero 11 era ispirato al numero dei giocatori di una squadra di calcio. Queste undici promesse dell’economia erano, e sono: Sud Corea, Messico, Indonesia, Turchia, Iran, Egitto, Nigeria, Filippine, Pakistan, Bangladesh e Vietnam. Paesi estremamente diversi, con la caratteristica comune però di essere molto popolosi e dall'alto potenziale di sviluppo. Il blocco, nel suo insieme, conta un miliardo e mezzo di abitanti, poco più della Cina, ma con un Pil complessivo di 6.500 miliardi, la metà di quello cinese.
Chi non ha tradito le promesse, ma anzi è salito di livello rispetto all'N-11, raggiungendo performance e standard di vita pienamente occidentali è stata la Corea del Sud, che è la regina anche di un altro quartetto, estrapolato dai Prossimi-Undici. Si chiama Mist ed è composto da Messico, Indonesia e Sud Corea appunto, e Turchia.
Sta, così, diventando sempre più chiaro che la crescita futura si baserà non tanto sulla singola potenza di un paese quanto sullo sviluppo delle aree macro-regionali, ovvero che comprendono più paesi. Ecco perché le sigle non sono un capriccio degli economisti.