A maggio era stata superata al ribasso la soglia psicologica dei 1.000 miliardi di dollari. Si tratta dell’ammontare dei titoli di Stato americani detenuti dalla Cina. Poche settimane dopo, a giugno, è arrivata la conferma. Secondo l’ultimo dato del Dipartimento del Tesoro statunitense, riferito appunto al mese di giugno, la somma di Treasury nelle mani cinesi si è assestata a 967,8 mld. Si tratta di una diminuzione dell’esposizione non da poco. Basti pensare che nel 2015, ad esempio, la Cina deteneva circa 1.500 miliardi di debito americano.
La frattura tra le prime due economie al mondo si riflette anche in altri ambiti. I big statali cinesi lasciano Wall Street. La fuga delle società cinesi dai listini è partita il 12 agosto. I colossi China Life Insurance, PetroChina, China Petroleum & Chemical, Aluminium of China e Sinopec Shanghai Petrochemical, che in pratica insieme sommano 370 miliardi di dollari di capitalizzazione di Borsa, hanno annunciato che abbandoneranno la piazza di New York.
L’uscita di scena è anche collegata al fatto che il Congresso statunitense ha stabilito che entro il 2024 si deve arrivare al delisting delle società che non rispettano i requisiti di trasparenza. Ma, in realtà, dietro l’accelerazione cinese ci sono le tensioni con Washington per Taiwan.