In Libia come nel Nagorno Karabakh a fare la differenza nel conflitto è stata una tecnologia su cui i turchi investono da 10 anni e che è diventata un punto di forza per le ambizioni geopolitiche di Erdogan nel Mediterraneo e in Asia centrale: l’industria dei droni. I droni turchi hanno rivoluzionato le regole del gioco nelle guerre in Libia e in Siria, ha ammesso a luglio Ben Wallace, il segretario alla Difesa britannico.
La Turchia ha iniziato a sviluppare gli aerei a pilotaggio remoto agli inizi degli anni Duemila quando Ankara ha capito che difficilmente avrebbe potuto ottenerli da Paesi stranieri come gli Stati Uniti o Israele. Oggi è diventata un attore importante del mercato, e si candida a competere con la Cina anche per le esportazioni in Africa, in Medio Oriente, e in Asia.
Nel 2002 la Turchia esportava 248 milioni di dollari in attrezzature militari. L’anno scorso è arrivata a 3 miliardi, secondo il rapporto annuale dell’Associazione turca delle industrie della Difesa e dell’Aerospazio.