Oltre ai prestiti del Mes, c’è chi sta seriamente pensando di rinunciare anche a quelli stanziati dal Recovery Fund. È il caso della Spagna, ma una decisione simile è stata già presa dal Portogallo e anche in Francia si inizia a ragionare in tal senso. Fermo restando il vivo interesse per i contributi a fondo perduto (72 miliardi), per quanto riguarda il capitolo ‘prestiti’ Madrid sta valutando di dire ‘no’ a poco meno di 70 mld in arrivo da Bruxelles.
La ragione principale è che i loans (e questo vale sia per il Mes sia per il Recovery Fund) concorrono all’incremento del debito pubblico, diversamente dai sussidi (grants). Per questo l’attenzione degli Stati è rivolta alle sovvenzioni che verranno ripagate solo a partire dal 2028 con nuovi contributi al bilancio Ue e/o nuove tasse comunitarie. Per i prestiti insomma non c’è tutta questa fretta. Grazie al massiccio acquisto di titoli di Stato della Bce attraverso il suo programma ‘Pepp’ da 1350 mld, i tassi dell’Eurozona hanno infatti toccato il minimo nonostante si sia nel mezzo della più grave crisi economica in tempo di pace. Questo vale per la Spagna, che ha un debito pubblico pari al 100% del Pil, come pure per l’Italia, con un debito/Pil che viaggia verso il 160%.
Nei giorni scorsi sia Madrid che Roma hanno emesso titoli pluriennali a tassi negativi. La curva costantemente in discesa dei rendimenti ha quindi scoraggiato il ricorso ai prestiti Ue o del Mes. Anche perché questo credito a buon mercato è spesso accompagnato da una “nebbiosa condizionalità”. Per ottenere le risorse del Recovery Fund bisognerà seguire le raccomandazioni del Semestre europeo, e non si può eludere il sospetto che prima o poi Bruxelles chiederà di nuovo aggiustamenti ai Paesi oberati da un elevato debito pubblico.
Dato che gli appetiti sono rivolti alla propria fetta di sussidi al momento non c’è una esigenza di accelerare sulla quota di prestiti. Pur essendo molto consistenti - per la Spagna 70 mld, per l’Italia 120, 10 per il Portogallo - in quanto prestiti andranno restituiti. E non è poi scontato che tutti gli Stati membri abbiano la capacità amministrativa per poter spendere una tale mole di risorse.