“Il Next Generation Eu dovrebbe essere attuato in modo che tutti i Paesi Ue escano dalla crisi più coesi e con strutture economiche più forti. Se attuato come pianificato, può rafforzare la crescita anche a partire da quest’anno”. A sostenerlo convintamente è la presidente della Bce, Christine Lagarde, parlando al Parlamento europeo.
Le parole più interessanti di questa dichiarazione sono tre: “In tutti i paesi”. Il non detto è: chi resta indietro è perduto. Se infatti il differenziale tra Btp e Bund tedeschi è ormai vicino ai livelli del marzo 2015, quando lo stesso Draghi (nei panni di governatore Bce) lanciò il Quantitative easing, e se per il ceo di Intesa, Carlo Messina, quota “50-60 punti” è possibile, la vera scommessa per il nostro paese è un’altra.
Prima del Covid, l’Italia era ultima per crescita nell’Ue e il Pil era ancora del 2,9% sotto il livello di quello pre-crisi finanziaria (anno 2008), mentre la Germania e la Francia l’avevano superato di 14 e 11 punti percentuali e la Spagna di 6,7 punti. Riuscire a chiudere questo gap di crescita potrebbe annullare l’extra costo sul debito pubblico rispetto ai competitor europei.
E qui torna in gioco la definizione del piano per usare i fondi Ue, vera prova del nove per il governo Draghi partito con il vento in poppa dei mercati.