In Italia la spesa per ricerca e sviluppo è gravemente carente rispetto alle principali economie avanzate, con conseguenze negative sulla produttività e sulla crescita economica.
Per raggiungere il livello francese di spesa in R&S l’Italia avrebbe bisogno da parte pubblica di circa 5 miliardi addizionali annui (e quindi strutturali). Se per i prossimi 6 anni (2021-2026) si volesse finanziare questa somma tramite il Recovery Fund, la ricerca dovrebbe quindi ricevere circa 30 mld.
Agguantare il livello tedesco sarebbe ancora più ambizioso, visto che richiederebbe oltre 10 mld addizionali ogni anno, cioè 60 mld su 6 anni.
Il problema è che il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) presentato nei giorni scorsi dal governo indica un finanziamento di 12,9 mld su sei anni destinati alla Componente “dalla Ricerca all’Impresa”, incluse le risorse provenienti dal programma React EU dell’Ue e dal cosiddetto Fondo complementare finanziato con risorse italiane. Inoltre, di questi 12,9 mld solo una somma compresa tra 5,9 e 6,5 miliardi si tradurrà in un aumento della spesa pubblica per la R&S.
In conclusione, le risorse destinate alla R&S nel Pnrr sono molto inferiori a quanto servirebbe per colmare il divario tra l’Italia e le altre grandi economie europee.
In realtà, il divario non si ridurrebbe neppure alla luce delle risorse che Francia e Germania destineranno alla R&S con i loro Piani nazionali: quello francese assegna alla ricerca tra 5 e 7,5 miliardi (su un totale di 100), mentre quello tedesco prevede oltre 4 miliardi (su poco più di 30).
Di conseguenza, l’unica opzione rimanente per colmare la distanza nella spesa per la ricerca risiede negli stanziamenti futuri fatti in sede di leggi di bilancio, tratti dalle risorse via via disponibili.