È ricco, molto ricco, Carlo III, il neo Re del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli altri reami del Commonwealth. Ci sono cose che si possono vedere, come ad esempio i castelli, le tenute di campagna, le auto di alta gamma, e i gioielli sfavillanti. Ma ci sono anche cose che non si vedono, tra cui le tentacolari società immobiliari ereditarie esentasse e il portafoglio azionario acquisito con i loro dividendi annuali. Ci sono le opere d’arte nelle collezioni private della famiglia, raramente esposte pubblicamente.
Ma visto che le finanze private dei dipendenti pubblici sono oggetto di controllo se derivano da fondi pubblici, anche nel caso di Carlo III non dovrebbe esserci eccezione. Anche perché se il premier Rishi Sunak è pagato attraverso la finanza pubblica solo temporaneamente, la vita del Re è finanziata a spese dei contribuenti dalla nascita alla morte.
I Windsor – riporta il Guardian - si comportano come se avessero qualcosa da nascondere. Per diversi decenni le loro partecipazioni azionarie sono state possedute tramite una società presso la Banca d’Inghilterra (la Banca centrale britannica) che era immune dalla legge nazionale sulla trasparenza.
La domanda non è semplicemente quanto è ricco Carlo III, bensì quanta parte della sua ricchezza privata deriva dal suo ruolo pubblico? Solo una volta che la Gran Bretagna avrà una risposta, potrà discutere la questione più importante di tutte: è davvero un buon modo per spendere le finanze pubbliche?
Il primo problema con la valutazione della ricchezza privata di re Carlo III è che nessuno sa esattamente quanto sia ricco, probabilmente incluso lui: secondo un’inchiesta del Guardian vale almeno 1,8 miliardi di sterline.
Ma se i Windsor sono così ricchi, perché il Re ha bisogno di una sovvenzione sovrana annuale (attualmente 86 milioni di sterline all’anno) erogata dal Parlamento? Perché le entrate derivanti dai beni ereditari non vengono versati al Tesoro? In alternativa, se le proprietà sono effettivamente da considerare beni privati, perché non pagano l’imposta sulle società?