L'ultimo rapporto regionale "Asia e Pacifico" dell'Fmi conferma che quell'area continua ad essere il motore principale dell'economia globale - rappresentando il 60% della crescita che per tre quarti proviene da Cina e India - e prevede un tasso di sviluppo per l’Asia del 5,6% per quest’anno e anche per il prossimo.
In tutti i paesi dell’area ci si aspetta un progresso: la Cina crescerà del 6,6% nel 2018; il Giappone, sopra al potenziale per otto trimestri consecutivi, quest’anno rimarrà stabile all’1,2%; l’India è in ripresa al 7,4% nel 2018/2019 dalle perturbazioni legate al cambio di valuta e al lancio della nuova tassa su beni e servizi.
Attualmente in Asia il livello dei prezzi al consumo è tra i più bassi degli ultimi decenni: nel 2017 l’inflazione primaria nell’area è aumentata a causa dell’aumento subito dal petrolio; ma quella “core”, che esclude cibo ed energia, resta bassa e al di sotto rispetto a quanto prefissato in molti paesi. Complessivamente è stata dello 0,6% inferiore all’obiettivo nelle economie avanzate asiatiche e dello 0,8% in quelle dei mercati emergenti.
L’Asia, nel medio termine, è vulnerabile a un inasprimento delle condizioni finanziarie mondiali: i tassi d’interesse più alti degli Stati Uniti potrebbero innescare deflussi di capitali dall’area. Inoltre i crescenti rischi geopolitici, i disastri naturali e gli attacchi informatici potrebbero avere un impatto negativo sulla crescita a medio termine nella regione.
Le principali sfide che l’Asia si troverà ad affrontare nel lungo termine riguardano l’invecchiamento della popolazione, il rallentamento della crescita e della produttività e la rivoluzione digitale: una situazione in divenire che offre grandi opportunità e rischi. I paesi dovrebbero concentrarsi, dunque, sulle politiche macroprudenziali per ridurre boom e rallentamenti finanziari, minimizzando i rischi e cercando di tenere sotto controllo il debito. Come? Secondo l'Fmi attuando riforme per sostenere una crescita duratura e inclusiva attraverso una strategia globale integrata.