Uno degli stati più poveri degli Stati Uniti è - chi lo avrebbe pensato? - la California. Proprio l'area in cui si registra una robusta crescita di imprese, in particolare quelle più innovative, dove si mette a segno la maggior crescita del Pil procapite (il doppio della media Usa) e dove più alta l'attenzione al sociale, proprio in quell'area si conta un altissimo numero di poveri: secondo il Census Bureau un californiano su cinque è povero.
Eppure non si può negare che la politica – in particolare i democratici che qui dominano - non si sia impegnata. Sono stati finanziati ingenti programmi di sostegno, sia da parte del governo locale, sia dal governo federale: la California ha il 12% della popolazione degli Usa ma il 30% dei beneficiari di assistenza pubblica.
Ebbene, una delle cause dell'alto numero di poveri è il sistema stesso di assistenza ai poveri. La California ha un'enorme macchina burocratica preposta al welfare - oltre 800 mila addetti - che, per giustificare la propria esistenza, deve far di tutto per mantenere ampia la base di riferimento.
Tuttavia, l'ingente spesa pubblica non ha fatto diminuire il numero di poveri ma, al contrario, lo ha incrementato. In più alcune politiche volte a dare benefici alla popolazione, come l'aumento del salario minimo per legge e misure a difesa dell'ambiente, si sono ritorte contro gli stessi abitanti. Il recente forte innalzamento per legge del salario minimo, da 10 dollari all'ora a 15, ha causato l'aumento della disoccupazione, perché ha spinto molti ristoranti di medio livello a licenziare (facendo scivolare i lavoratori nell'economia sommersa?).
Uno dei motivi maggiori della povertà è l'aumentato costo delle case. Ebbene le restrizioni imposte all'utilizzo del suolo pubblico hanno fatto lievitare ulteriormente i prezzi delle abitazioni e ora quattro famiglie su dieci devono spendere oltre il 30% del proprio reddito per mantenere la casa. Estendendo, così, la fascia di californiani disagiati.