L'Arabia Saudita è una terra di regole severe. Questo è il percorso per "boshret kheir", dicono i beduini, un domani migliore. Ma da quando il principe ereditario Mohammed bin Salman ha preso le redini di Riyadh e ha iniziato a rompere con le regole del passato, quelle due parole hanno assunto un nuovo significato.
A Riyadh quasi nulla è rimasto del vecchio ordine che ha spadroneggiato fino a pochi mesi fa. Era il mese di novembre quando il governo ha confiscato la ricchezza di circa 15 mila principi e principesse. Da allora è cominciata una rivolta contro i ricchi ma che è venuta dall'alto, da un 32enne che si ribella contro la sua stessa classe nella speranza di restare in piedi da solo.
L'Arabia Saudita sta reinventando se stessa e nessuno sa se questa drastica trasformazione avrà successo. Nel 1950 la capitale, Riyadh, contava 80 mila abitanti, che oggi sono saliti a oltre 6 milioni. Per 35 anni i cinema sono stati vietati. Ma a breve ne verrano costruiti 300. Le donne cantano e ballano, semplicemente impensabile solo poco tempo fa, e a partire da giugno potranno sedersi al volante di un’auto.
Uno si chiede: perché tutto ha iniziato a muoversi così velocemente? E perché i poteri ultraconservatori non reagiscono? La verità è che la maggior parte dei leader religiosi sono sul libro paga del governo. Altri, invece, sono in carcere. Come Salman al-Ouda, che ha oltre 14 milioni di follower su Twitter. Ma non ha inviato un tweet da settembre 2017. Rivoluzione sì, ma dall’alto.