Invecchiamento della popolazione e calo delle nascite: un mix micidiale per il Giappone, che rischia di trovarsi sempre più a corto di manodopera e talenti. Nei prossimi anni, la forza lavoro domestica scenderà almeno del 10%.
L’orizzonte temporale è troppo ristretto per aspettare un improbabile baby boom: il Paese non registra un tasso di natalità al livello di sostituzione dal 1974 e secondo le proiezioni la popolazione, la più ‘vecchia’ al mondo, scenderà dai 125 milioni di abitanti nel 2021 a 88 mln entro il 2065. La manodopera sarà sempre più anziana e meno produttiva.
Ecco allora che l’unica via d’uscita secondo alcuni è aprire le porte agli stranieri per introdurre energie nuove. Ma il Giappone ha vincoli rigidi sull’immigrazione, una sorta di tabù per una Stato che valorizza l’omogeneità etnica. E l’emergenza Covid ha portato a una stretta drastica, che consente l’ingresso solo a cittadini giapponesi e residenti stranieri permanenti.
Al di là della situazione contingente, il Giappone ha comunque bisogno di cambiamenti strutturali e di quadruplicare entro il 2040 il numero dei lavoratori stranieri. Se non lo farà dovrà rassegnarsi a bassi tassi di crescita economica, al di sotto del moderato 1,2% medio annuo indicato dal Governo.
Gli immigrati rappresentano oggi il 2,5% della forza lavoro, 1,7 milioni di stranieri, pochi per un Paese avanzato come il Giappone, terza economia al mondo. Sarà probabilmente necessario salire a 6,7 milioni in meno di venti anni.
Nel frattempo, Tokyo sta provando a compensare la mancanza di manodopera incentivando l’occupazione femminile e rimandando l’età della pensione (che in media arriva a 71 anni per gli uomini e 69 per le donne, contro rispettivamente 65,4 e 63,5 nei Paesi Ocse). E spinge su automazione e intelligenza artificiale. Il Giappone è all’avanguardia nell’agetech e i robot sono sempre più presenti anche nelle case di cura, per sopperire alla difficoltà di reclutare operatori sanitari. Senza questi investimenti, il Paese avrebbe bisogno di ben 21 milioni di lavoratori stranieri entro il 2040.
Si tratta in ogni caso di misure tampone, ma nel complesso insufficienti. Il Governo ha così iniziato, da qualche anno, a modificare le regole sui visti per aprire con gradualità. La riforma varata nel 2019 autorizza gli addetti del settore edile e cantieristico a richiedere la residenza permanente. Per un’altra decina di comparti (come agricoltura, assistenza infermieristica e servizi igienico-sanitari) i permessi durano solo cinque anni e non consentono ricongiungimenti familiari. Un lento processo che ora Tokyo dovrà accelerare.