La crisi economica morde in Egitto, attanagliato da un’inflazione dilagante e dalla carenza di valuta estera. Il governo egiziano sta tentando di metterci una toppa. Il Fondo monetario internazionale ha intanto accettato di prestare all’Egitto 3 miliardi di dollari per la stabilizzazione, subordinatamente a una serie di riforme, incluse le immancabili privatizzazioni.
Ma ciò che sta facendo discutere nel paese nordafricano non è la crisi economica che ha portato sulla soglia della povertà milioni di persone, ma il Canale di Suez, il simbolo del Paese nordafricano che costituisce un’importante fonte di reddito nazionale e, al contempo, ricopre un ruolo cruciale anche per l’economia mondiale.
Inaugurato nel 1869 e lungo 193 chilometri, il Canale garantisce ancora oggi quasi il 7% del traffico mercantile mondiale, e per le sue acque passa il 12% di tutte le merci del mondo. È una delle più importanti rotte per il commercio di petrolio e ha un valore strategico anche dal punto di vista militare.
Contro la crisi, Il Cairo ha ora deciso di aprire agli stranieri nel luogo simbolo nazionalizzato da Nasser. Il ruolo che effettivamente potranno giocare gli investitori esteri non è ancora chiaro, ma il Canale di Suez è certamente una gallina dalle uova d’oro: nel 2022 ha generato entrate per quasi 8 miliardi di dollari, rendendolo una delle più importanti fonti di entrate in valuta estera dell’Egitto, oltre al turismo e alle rimesse (quest’ultime da sole valgono 31 miliardi l’anno).