Nel discorso di fine anno Sergio Mattarella dice basta ai predicatori di rancore, stop all’astio, all’insulto, all’intolleranza che dilagano sui social e nella politica. Forse si è oltrepassato il segno del confronto civile e una parte dell’Italia ormai non ne può più, per cui sente che è giunto il momento di cambiare la narrazione. Contro gli ultras del “cattivismo” Mattarella mobilita la forza mite dei sentimenti civili.
Il senso “buonista” del messaggio non deve tuttavia ingannare: con il sorriso sulle labbra, il presidente distribuisce diverse bacchettate. La prima al governo, che nella manovra ha messo nel mirino il volontariato: no alla “tassa sulla bontà”, avverte. Un'altra reprimenda arriva verso la fine, quando il presidente sottolinea che la funzione delle Forze armate “non può essere snaturata”: altro che fare riparare all’Esercito le buche di Roma.
Poco prima, parlando di Forze dell’ordine, Mattarella ha segnalato l’importanza della divisa, "patrimonio da salvaguardare perché appartiene a tutti i cittadini": forse, chissà, anche un modo soave per ricordare a Salvini che farebbe meglio a non circolare con le felpe della Polizia.
Senza mai alzare i toni, il presidente constata come la “grande compressione del dibattito parlamentare” e la “mancanza di un opportuno confronto” sulla legge di bilancio non siano state un bel vedere.
E dal momento che sui conti è stata siglata una tregua con l’Europa, Mattarella lancia un richiamo preventivo: alle prossime elezioni per il Parlamento di Strasburgo si evitino campagne denigratorie contro l’Unione. È un monito rivolto, si capisce, ai cosiddetti sovranisti.
Con il suo tono gentile, rispettoso e garbato, il Capo dello Stato ha rivolto agli italiani il discorso forse più sottilmente politico del suo settennato.