La cifra moltiplicata per il numero dei deputati e senatori che verranno tagliati (345) fornisce una misura del possibile risparmio per le casse dello stato (appunto 57 mln).
Leonzio Rizzo e Riccardo Secomandi propongono una differente soluzione analizzando diverse voci di spesa della gestione del Senato e della Camera.
Una prima proposta è basata sulla diminuzione delle spese di funzionamento delle camere (per il Senato 56 milioni di euro e per la Camera 90 mln). Ad esempio nel bilancio del Senato francese sono iscritte spese per funzionamento pari a 24,6 mln e a 40,5 mln in quello dell’Assemblea nazionale (l’omologa della nostra Camera dei deputati).
Un’altra idea riguarda i trasferimenti ai gruppi parlamentari che oggi superano i 50 mln. Dopo il taglio ai rimborsi elettorali, questi trasferimenti rappresentano oggi la maggior parte dei finanziamenti pubblici ai partiti. Ipotizzando una diminuzione del 10%, il risparmio di spesa tra Senato e Camera ammonterebbe a circa 5 mln.
C’è poi il taglio delle indennità e dei rimborsi ai parlamentari di circa 25 mln. Si tratta di una riduzione di circa 2.200 euro a parlamentare. La sforbiciata porterebbe il compenso dei parlamentari a 11.800 euro mensili, un livello in linea con i colleghi europei.
“Sommando le tre riduzioni di spesa si ottiene esattamente il risparmio che si avrebbe tagliando il numero dei parlamentari come previsto dalla legge costituzionale sottoposta a referendum - spiegano Leonzio Rizzo e Riccardo Secomandi -. Se il problema è il costo della struttura parlamentare si potrebbe dunque ottenere lo stesso risultato senza modificare l’attuale rappresentatività del Parlamento.”
Inoltre - aggiungono - “il taglio del numero dei parlamentari, non accompagnato da una riforma elettorale adeguata, implicherebbe l’assenza di rappresentanti in alcune importanti zone del paese meno popolate, come le aree interne, e una sproporzionata rappresentanza in alcune regioni.”