Dal 13 gennaio nella piana di Lamezia Terme, dove è stata realizzata una grande aula bunker di oltre tremila metri quadrati, andranno alla sbarra 325 imputati accusati di associazione mafiosa, estorsione, detenzione di armi, narcotraffico, rapina, usura, danneggiamenti, concorso esterno in associazione mafiosa e tentati omicidi. È il primo grande processo alla ‘ndrangheta per il numero di imputati.
Al centro del dibattimento c’è la potente cosca dei Mancuso di Limbadi che domina con i propri uomini su un vasto territorio della Calabria. In questo maxi processo i pm della procura di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, hanno raccolto sul banco degli imputati oltre agli ‘ndranghetisti, anche colletti bianchi, professionisti, politici e massoni.
L’accusa in questo processo proverà a dimostrare che i clan continuano a operare un controllo penetrante in molte attività economiche della regione, esercitando un pesante condizionamento in tutti i settori dell’economia legale, dall’edilizia al commercio, dalla ristorazione ai trasporti, dall’import export di prodotti alimentari al turismo.
È una ‘ndrangheta sempre più imprenditrice, che non si limita a esercitare le estorsioni e l’usura o taglieggiare imprenditori e commercianti in una logica parassitaria ma si è affermata con la gestione diretta delle attività economiche. E c’è la capacità di inquinare non solo il sistema economico privato ma soprattutto la pubblica amministrazione. Le cosche inoltre allargano il proprio raggio d’azione nel campo delle energie rinnovabili, della depurazione delle acque e nell’assistenza ai migranti. Ma ora la parola passa ai giudici e i calabresi possono sperare in una rinascita.