“Chiedo che sia posto il voto di fiducia presentata dal senatore Casini”, aveva detto nel primo pomeriggio di mercoledì (20 luglio) Mario Draghi chiudendo la replica al Senato con un tono duro e che non lasciava presagire a nulla di buono. La risoluzione prevedeva una sola riga: udite le comunicazioni del premier si approva. Un modo per mettere in evidenza i responsabili delle elezioni anticipate.
Il verdetto non ha ammesso repliche: l'esecutivo ha ottenuto 95 sì e 38 no (ma a fronte dunque di pochi votanti). Deluso e amareggiato, al premier non è restato altro che recarsi al Colle, per rassegnare (definitivamente) le dimissioni. Il governo rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti.
Ora cosa farà Draghi? Nelle scorse settimane l'ex presidente della Bce aveva negato la volontà di assumere in futuro nuovi incarichi internazionali. Ma per gli Stati Uniti sarebbe un profilo perfetto per ricoprire il ruolo di segretario generale della Nato. Vedremo.