Lo storico Donald Sassoon ha definito la presunta mancanza di maturità politica, evidenziata da numerosi osservatori, come “anomalia italiana”. I molti problemi che il paese deve affrontare sono spesso giudicati parte di questo eccezionalismo italico, che impedirebbe allo Stivale di funzionare come le altre democrazie occidentali. E spiegherebbe anche il suo storico desiderio di un leader forte.
Le debolezze istituzionali dell’Italia, aggravate da un assetto elettorale che impedisce solide maggioranze parlamentari, hanno portato anche a un’altra differenza rispetto ad altri Stati: primi ministri tecnici di alto profilo invocati da leader di partito litigiosi in tempi tumultuosi.
Nel 1993, quando l’Italia era scossa da una crisi valutaria, dalla corruzione e dal terrorismo mafioso, fu nominato primo ministro un ex direttore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi. Lamberto Dini subentrò come premier al primo governo di Silvio Berlusconi nel 1995. Mario Monti fu chiamato a introdurre misure di austerità per “risanare” le finanze pubbliche italiane nel 2011. Nel 2021 il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è rivolto a Mario Draghi per guidare l’Italia fuori dalla tempesta.
La strategia di Mattarella aveva un proprio senso. La nomina di Draghi è stata un chiaro messaggio ai partiti. La posta in gioco era troppo alta per continuare come se niente fosse sulla scia della politica di parte. Ma è anche vero che ricorrere ai tecnici con tale frequenza mina il patto civile che dovrebbe legare governanti e governati nelle democrazie.
Quando è stato nominato Draghi, lo storico Adam Tooze ha scritto che per le democrazie può essere difficile vivere senza tecnocrati, ma questi ultimi non ci salveranno – e certamente non salveranno l’Italia. Certo, la statura di Draghi ha permesso all’Italia di guadagnare peso politico e credibilità all’estero ma il premier lascia molte cose in sospeso, che il suo governo di coalizione non ha potuto o saputo realizzare. La riforma del sistema fiscale, della legge sulla concorrenza e del sistema giudiziario, così come l’introduzione di un salario minimo e la protezione delle famiglie a basso reddito sono nodi che il prossimo governo probabilmente dovrà affrontare.
Tutto ciò ci lascia una lezione: una delle scommesse dell’Italia è sviluppare una nuova cultura politica che cerchi di stabilizzare la sua situazione. Ci riuscirà?