Stati Uniti e Arabia Saudita continuano a lasciar filtrare elementi sulla responsabilità dell’attacco militare di sabato a due mega-installazioni petrolifere del regno saudita. I 20 droni e gli 11 missili che hanno colpito i siti di Abqaiq e Khurais sono partiti da una base iraniana al confine con l’Iraq. Da una zona, quindi, molto più vicina agli obiettivi colpiti rispetto alle aree controllate dai ribelli Houthi nel nord dello Yemen.
Se l’Amministrazione cavalcherà le accuse, Trump in qualche modo sarà costretto a una reazione meno attendista di quella che è stata fino ad oggi. Il che potrebbe portare a nuove operazioni militari degli americani nel Golfo.
Gli attacchi iraniani (o dei loro alleati houthi) contro gli impianti sauditi sono stati la più massiccia operazione di guerra nel Golfo Persico dai tempi dell’invasione del Kuwait del 1991. Azioni militari a bassa intensità, con droni senza pilota capaci di fare grandi danni senza lasciare tracce evidenti. L’Iran sembra non volere la guerra aperta, ma non vuole neppure lasciarsi strangolare lentamente dalle sanzioni americane.