Benjamin Netanyahu e Volodymyr Zelensky hanno un elemento in comune: solo la guerra può continuare a farli sopravvivere politicamente.
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“Abbiamo bisogno di una nuova energia”: così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky motiva il maxi rimpasto di governo che ha portato alle dimissioni di molti ministri, tra cui quello degli Esteri, Dmytro Kuleba, che potrebbe diventare ambasciatore ucraino a Bruxelles. L’esecutivo ucraino, già da prima dell’esplosione del conflitto con Mosca, godeva di bassa popolarità e il paese non se la passava bene dal punto di vista economico. Poi è arrivata la guerra aperta e la legge marziale che tutto congela. Il mandato di Zelensky è infatti scaduto dopo l’invasione russa. E, per un gioco di parole, proprio grazie alla guerra è ancora a capo del suo paese. Almeno in parte, è la stessa situazione che sta vivendo il leader israeliano, che resta al suo posto a causa della guerra. Farne a meno, e in questo Netanyahu si differenzia (al momento) da Zelensky, significherebbe consegnarsi alla giustizia israeliana che lo accusa in più processi penali di corruzione.