Assange: “Washington ha criminalizzato il giornalismo”

Al Consiglio d'Europa le sue prime dichiarazioni pubbliche da quando è stato liberato a giugno

Assange: “Washington ha criminalizzato il giornalismo”
Julian Assange

La libertà di espressione e tutto ciò che ne consegue si trovano a un bivio oscuro. Temo che, a meno che istituzioni che stabiliscono norme come il Consiglio d’Europa non si sveglino di fronte alla gravità della situazione, sarà troppo tardi”. Lo ha detto Julian Assange, testimoniando il primo Ottobre al Consiglio d’Europa. Questa è la prima volta che il fondatore di WikiLeaks prende la parola in pubblico da quando è stato liberato alla fine del giugno scorso dopo aver trascorso gli ultimi quattordici anni presso l’ambasciata ecuadoriana a Londra e poi detenuto nel carcere britannico di alta sicurezza di Belmarsh.

Ecco alcuni passaggi del suo intervento.

“Se l’Europa vuole avere un futuro in cui la libertà di parola e la libertà di pubblicare la verità non siano privilegi riservati a pochi ma diritti garantiti a tutti, allora deve agire in modo che ciò che è accaduto nel mio caso non accada mai a nessun altro”, ha sottolineato Assange, chiedendo a tutti di fare la propria parte per “garantire che la luce della libertà non si affievolisca mai, che la ricerca della verità continui a vivere e che le voci di molti non vengano messe a tacere dagli interessi di pochi”. 

“Vedo più impunità, più segretezza, più rappresaglie per aver detto la verità, e più autocensura. È difficile non tracciare una linea tra il governo degli Stati Uniti che attraversa il Rubicone criminalizzando a livello internazionale il giornalismo e il freddo clima attuale per la libertà di espressione”.

“Ora la giustizia per me è preclusa poiché il governo degli Stati Uniti ha insistito per iscritto nel suo patteggiamento che non posso presentare un caso alla Corte europea per i diritti dell’uomo o anche una richiesta di legge sulla libertà di informazione per ciò che mi è stato fatto a seguito della richiesta di estradizione”.

“Ho scelto la libertà sull’impossibilità di ottenere giustizia. Voglio essere totalmente chiaro. Non sono libero oggi perché il sistema ha funzionato. Sono libero oggi perché dopo anni di carcere mi sono dichiarato colpevole di giornalismo”.

“Gli europei devono obbedire alla legge sullo spionaggio degli Stati Uniti. Il mio caso ha aperto la porta alla possibilità che qualsiasi grande Stato possa perseguire i giornalisti in Europa”.  

“I giornalisti non dovrebbero essere perseguiti per aver svolto il loro lavoro. Il giornalismo non è un crimine. È un pilastro di una società libera e informata”. 

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