Da settimane aerei e navi della Nato si alternano per seguire il “Rostov sul Don”, il sottomarino russo che in questi giorni sta viaggiando dal Baltico alla Siria. Da quando la flotta di Mosca ha rimesso piede nel Mediterraneo non c’era mai stato un simile schieramento di mezzi statunitensi, canadesi, inglesi, francesi, italiani, greci. E anche se mancano dichiarazioni ufficiali, l’operazione sembra volere trasmettere un messaggio chiaro al Cremlino: le sortite dei temuti sottomarini Kilo non resteranno più indisturbate.
Una volta entrato nel Mediterraneo, il Kilo si è diretto verso il Canale di Sicilia. Nello stesso momento in quelle acque si stava tenendo la più grande esercitazione Nato di lotta subacquea con la presenza di mezzi di tutta l’Alleanza. E anche la portaerei statunitense Eisenhower e quella francese De Gaulle stavano dirigendosi nella stessa zona. Poi, quando le manovre si sono concluse, il sottomarino russo ha ripreso la crociera verso Oriente.
Dal 2015 almeno una coppia di Kilo è sempre attiva nel Mediterraneo, segnando il ritorno della flotta di Mosca nelle acque che aveva abbandonato un quarto di secolo prima. Sono battelli a propulsione diesel lunghi 70 metri: possono scendere fino a una profondità di 240 metri e andare avanti per 740 km prima di dovere emergere. Oltre ai siluri, possono lanciare missili a lungo raggio Kalibr, particolarmente temuti perché colpiscono a una velocità che sfiora tre volte quella del suono.
Finora le iniziative militari del Cremlino sono sempre proseguite indisturbate. Ma ora la “caccia al Rostov” sembra indicare un cambiamento: si tratta forse del primo segnale della nuova linea della presidenza Biden anche nel Mediterraneo.
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