“L’Italia non sa che fare della Sicilia. Non dispone della principale isola del Mediterraneo, ma non se ne rammarica. Dopo aver provato in epoca fascista a trasformarla nel suo principale avamposto marittimo, al termine della Seconda guerra mondiale ne ha forzosamente concesso a Washington la gestione strategica. Con notevole sollievo. Finendo per tollerare che questa fosse usata contro i propri interessi in Nord Africa e nel Levante, senza protestare.” È l’amara valutazione dell’esperto di geopolitica Dario Fabbri.
Con la Sicilia massicciamente militarizzata dal Pentagono e dalla Cia, l’Italia di fatto perde il controllo sullo snodo decisivo nel controllo del mare e delle comunicazioni internazionali.
E di fronte c’è l’Africa. Con turchi e russi installati nelle Libie. Se sul piano politico il nuovo esecutivo di transizione libico potrebbe offrire un’immagine positiva del paese assicurandole una parvenza di unità, su quello militare non avrà la forza per modificare l’attuale assetto che vede il paese tagliato in due dove a dominare sono ancora Mosca e Ankara.
Il ritiro delle forze straniere, che avrebbe dovuto completarsi il 23 gennaio, è di fatto inattuabile, nonostante anche la nuova amministrazione statunitense abbia chiesto la rimozione immediata delle forze russe e turche dalla Libia.