La prima volta (2017) che i diplomatici statunitensi (e canadesi) impiegati nell’ambasciata all’Avana hanno lamentato misteriosi disturbi, con percezione di suoni e pressione nella testa che causavano cefalee, vertigini e problemi visivi, l’unità comportamentale dell’Fbi li ha liquidati parlando di un problema psicogeno di gruppo. In pratica, li ha definiti come persone suggestionabili da provare sintomi di guai inesistenti per averli sentiti da altri.
Sono stati tuttavia registrati in seguito altri episodi riportati da personale diplomatico americano anche in Cina e Russia. Infine in Austria, dove la cosiddetta ‘sindrome cubana’ ha fatto di nuovo capolino: una ventina di funzionari dell’ambasciata statunitense a Vienna hanno riportato i sintomi della misteriosa malattia cerebrale (la notizia è emersa nei giorni scorsi).
Stando a uno studio dell’Università della Pennsylvania, i pazienti afflitti dal malessere non mostrano lesioni apparenti agli apparati uditivi, ma le tomografie segnalano danni al cervello simili a quelli riportati durante una commozione cerebrale. L’energia a radiofrequenza sembra essere la spiegazione più plausibile. Secondo la Cia, potrebbe trattarsi di un’arma russa a microonde.
Intanto Vienna sembra tornata ai tempi della ‘guerra fredda’, quando era un crocevia dello spionaggio internazionale. Oggi si calcola che nella capitale austriaca vivano oltre 3 mila spie, al lavoro per un’ottantina di nazioni. La città sta ospitando colloqui sul nucleare tra Iran e Stati Uniti. Una mano nemica, armata di ultrasuoni, vuole far saltare il banco?