Le parole pronunciate da Draghi, alla conferenza stampa di fine anno, e soprattutto i suoi silenzi sono state interpretate anche dall’estero come una chiara volontà di un trasferimento al Colle.
Reuters
Inquadra la situazione l’agenzia britannica, secondo la quale il primo ministro italiano ha segnalato di essere “disponibile” a diventare Capo dello Stato quando la posizione si renderà disponibile nei primi mesi del prossimo anno spiegando che “il suo Governo di unità ha già quasi completato tutta la sua agenda”.
Ue
Intanto nei palazzi delle istituzioni europee a Bruxelles si guarda con preoccupazione all’ipotesi che i negoziati sul Next Generation possano essere proseguiti con un capo dell’esecutivo diverso da Draghi o peggio che si vada ad elezioni anticipate, aprendo quindi un periodo non prevedibile di relativa instabilità.
The Economist
Ma il 16 dicembre, ben pima delle testate italiane, è stato The Economist ad affrontare la questione di Draghi al Colle incoronando il presidente del Consiglio, come “premier competente e rispettato a livello internazionale”. Ma - ha avvertito il settimanale inglese - se Draghi andasse al Quirinale, “questa insolita esplosione di governance, potrebbe subire un’inversione”. E si tratterebbe di “un incarico più cerimoniale, lasciando il posto ad un premier meno competente”.
Liberation
Pro e contro di un trasloco di Draghi al Quirinale anche nell’analisi sul francese Liberation per il quale “per ora il favorito per il Quirinale è Draghi che guida il Paese da febbraio alla testa di un Governo di unità nazionale che va dall’estrema sinistra alla Lega con il rischio che una sua elezione interrompa la concordia nazionale e ridia fiato ai giochi politici e all’interruzione anticipata della legislatura”.
FT
Taglia corto invece il Financial Times del 21 dicembre secondo il quale “Draghi potrà servire meglio l’Italia diventando il prossimo Presidente della Repubblica”.
Frankfurter Allgemeine Zeitung
Secondo la testata tedesca, in ogni caso “Mario Draghi non basta a combattere la cultura ostile al cambiamento in Italia e da solo non potrà risolvere i problemi sistemici che affliggono l’economia italiana”. L’ex presidente della Bce “non può essere la soluzione ad un’intera classe politica priva di qualsiasi volontà di riforma”. Quello che si dovrebbe riformare è “una cultura riluttante al cambiamento”.