La democrazia continua a vacillare a livello globale, secondo l’ultima edizione del Democracy Index (elaborato da ‘The Economist’). L’indagine annuale, che valuta lo stato della democrazia in 167 paesi sulla base di cinque indicatori (processo elettorale e pluralismo, funzionamento del governo, partecipazione politica, cultura politica democratica, e libertà civili), rileva che oltre un terzo della popolazione mondiale vive sotto un governo autoritario, mentre i sistemi pienamente democratici ‘coprono’ solo il 6,4% degli abitanti della Terra.
Il punteggio globale, assegnato dall’Intelligence Unit del settimanale britannico, è sceso da 5,37 (su 10) a un nuovo minimo di 5,28. L’unico calo equivalente dal 2006 è stato registrato nel 2010 dopo la crisi finanziaria globale. Ciò rivela che, per il secondo anno consecutivo, la pandemia è stata la più rilevante fonte di tensione per la libertà democratica in tutto il mondo.
I paesi nordici continuano a dominare la vetta della classifica e, al contrario, tre paesi asiatici si posizionano in coda: la Corea del Nord per la prima volta non è più in fondo alla classifica in seguito al colpo di stato in Myanmar e al ritorno dei talebani in Afghanistan. Ma i colpi di Stato sono tornati anche in Africa, anche se è l'America Latina (in particolare Perù, Cile, Nicaragua e Haiti) ad aver registrato la diminuzione più significativa nel 2021.
È andata leggermente meglio per il Nord America. Nonostante le rivolte in Campidoglio e i tentativi del presidente uscente Donald Trump di ribaltare i risultati elettorali, l’inaugurazione di Joe Biden è andata avanti senza intoppi e il punteggio della democrazia americana è sceso solo di 0,07 punti. Il Canada ha invece subito una battuta d’arresto più rilevante (0,37 punti). Ancora una volta, le restrizioni pandemiche sono state la principale causa di frustrazione e disaffezione.