L'Europa cresce ad un tasso superiore al 2 per cento. La disoccupazione è scesa sotto al 9. I deficit migliorano. Le istituzioni europee parlano di ripresa. Secondo Yanis Varoufakis è tutto fumo. Si tratta di “una riattivazione ciclica" e delinea una storia molto meno compiacente di quella raccontata dall’élite europea.
"Nella fase più acuta della crisi dell'euro, c'erano seri rischi di frammentazione. La BCE è stata in grado di contenerli, ma esistono ancora le minacce: la Brexit, la Germania che non riesce a formare un Governo, l'estrema destra in Austria, la Catalogna, il crollo del bipartitismo in Francia e i riflessi autoritari nell’Europa orientale sono chiari sintomi di profondo disagio".
Per l’ex Ministro greco "la situazione attuale ricorda quella del 2001: siamo riusciti a bloccare lo scoppio della bolla del boom delle dotcom, ma abbiamo poi causato una crisi ben più grave nel 2008. In Spagna il debito totale è in aumento. In Italia c'è la fuga di capitali, una crisi bancaria in atto e una situazione politica esplosiva. Quello che abbiamo in Grecia non può essere chiamata ripresa e il debito resta non rimborsabile. Gli esempi sono inesauribili. Abbiamo scambiato un pò ovunque lavori a tempo pieno per lavori precari, mettendo in pericolo le future pensioni e le basi dell'economia europea. Gli squilibri finanziari e macroeconomici non sono stati ridotti, anzi sono aumentati. L'euro, come è oggi, è insostenibile".
"L’aspetto più preoccupante – continua Varoufakis - è il basso livello degli investimenti e le crescenti divergenze nella zona euro. Senza investimenti e senza convergenza è impossibile parlare della fine della crisi. Dieci anni dopo la caduta di Lehman Brothers non siamo ancora in grado di rafforzare l'architettura dell'euro e la valuta. L'Europa è molto ricca, ma non può reggere questa situazione a lungo”.