Dal 2003 Recep Tayyip Erdoğan è al centro della politica turca, prima attraverso la carica di primo ministro e dal 2014 come presidente della Repubblica. Politico dai molti volti, ha cambiato spesso le sue posizioni, soprattutto in politica estera, dove sembra utilizzare uno scacchiere a geometria variabile in base alle convenienze.
Presidente di un paese membro NATO (tra gli Stati aderenti all’organizzazione atlantica Ankara detiene il secondo esercito per dimensioni dopo quello degli Stati Uniti), capo della Fratellanza Musulmana, in passato alleato di Israele e ora acerrimo nemico dello stato ebraico, avversario di Putin in Siria e in Libia ma comunque con un canale diplomatico aperto con il Cremlino.
“Molti dicono che il colpo di stato del 2016 Erdogan se lo sia fatto da solo ma non è così, però il fatto che sia fallito gli ha permesso di fare pulizia dei gulenisti e dei militari vicini alla NATO”, spiega a Micromega Alberto Negri che sulla politica estera aggiunge: “Oggi vediamo solo l’espansionismo turco ma dimentichiamo che la Turchia ha fermato l’avanzata della Russia in Medio Oriente, cosa che ha fatto comodo all’Occidente tanto da non dire nulla sul passaggio di migliaia di jihadisti dalla Turchia verso la Siria”.
Un ruolo centrale quello della Turchia non solo nel Mediterraneo Orientale ma in tutta l’area, anche grazie all’accordo del 2016 che l’Unione Europea ha firmato proprio con Erdogan, con il finanziamento di 6 miliardi di euro per fermare la rotta migratoria verso la Grecia e i Balcani. Un’intesa che Bruxelles si appresta ora a rinnovare versando nelle casse di Ankara ulteriori 3-4 mld.