Quando la crisi globale raggiunge la sua fase più temibile dopo la caduta di Lehman Brothers nel settembre 2008, le autorità statunitensi istituiscono un fondo di salvataggio da 700 mld di dollari. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, propone un fondo europeo simile. Angela Merkel respinge l’idea.
Nel dicembre 2012, al culmine della crisi dell'area dell'euro, Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, promuove un bilancio dell'area dell'euro per aiutare i paesi in difficoltà. La sponda tedesca respinge al mittente pure questo progetto.
Quando l’ex capo dell’Eliseo, François Hollande, suggerisce di voler creare un "meccanismo di solidarietà", il cancelliere tedesco replica: "E da dove dovrebbero arrivare i soldi?".
Nel maggio 2017 Emmanuel Macron diventa presidente con la promessa che avrebbe persuaso una riluttante Germania ad accettare l’idea di un budget comune per la zona euro. E i media tornano rapidamente alla narrazione dell'amicizia franco-tedesca.
Ma sembra sfuggire agli osservatori quanto sia significativo analizzare il gap che si è aperto in questi anni tra le due economie: è questo il vero colpevole di un matrimonio complicato? Per quanto allettante possa apparire la visione europea di Macron, la Francia è rimasta così indietro, rispetto alla Germania, che una collaborazione tra i due paesi appare a questo punto irrealistica. Mentre l'economia tedesca si è ripresa dalla crisi globale, quella francese è ferma. Il tasso di inflazione è sceso a livelli quasi deflazionistici. L’economia sommersa è in espansione. La crescita a lungo termine è modesta. L’energia innovativa delle imprese si sta dissipando.
Poco dopo l'elezione di Macron, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, dichiara: "Abbiamo un vero problema con la Francia: spende troppi soldi e per le cose sbagliate”. In effetti il governo francese ha una spesa superiore al 55% del prodotto interno lordo, fatica a contenere il deficit di bilancio al di sotto del 3% della crescita e il rapporto debito/Pil resta vicino al 100% del Pil. Al contrario, il governo tedesco ha una spesa pubblica pari al 45% della crescita, gestisce un avanzo di bilancio e il rapporto debito/Pil è al 65%.
L'allargamento del divario economico tra Francia e Germania risulta ancora più evidente nei flussi commerciali globali. Due decenni fa la Francia era la destinazione principale per gli esportatori tedeschi, che invece ora guardano sempre più alla Cina.
E il quadro non cambierà a breve. Le misure adottate fino ad ora non sono, infatti, sufficienti per affrontare i problemi strutturali della Francia. E non lo saranno fino a quando le sue riforme del mercato del lavoro tenderanno a creare posti di lavoro temporanei e precari. A questo dovrebbe pensare Macron prima di fantasticare sul bilancio comune dell'area euro e sugli eurobond. Idee interessanti, ma entrambe sembrano una “mission impossibile”.